Intervista a Marco Matelich

Pubblicato il 20 giugno 2025 alle ore 14:38

Nuovo giorno, nuova Intervista!

Mi chiamo Marco Matelich, ho 42 anni e da sempre sento il bisogno di dare sfogo alla mia immaginazione. Sono una di quelle persone che non riesce a stare troppo tempo lontano da qualcosa che stimoli la creatività: che si tratti di suoni, parole o immagini, ho bisogno di creare. Nel tempo mi sono lasciato guidare dalla curiosità, sperimentando percorsi diversi — uno su tutti, la musica, che ho vissuto da bassista e che ho voluto portare anche tra le pagine del mio primo romanzo.

Leggo molto, soprattutto fantasy, e l’idea di scrivere qualcosa di mio mi accompagna da anni. Solo di recente ho trovato il coraggio di farlo davvero, senza aspettative, ma con il desiderio sincero di raccontare. Perché le storie hanno un potere speciale: sanno accendere qualcosa dentro, dare energia, ispirazione, perfino conforto. Ed è per questo che ho scritto — per restituire, almeno in parte, ciò che la fantasia ha sempre dato a me.

 1. Quando hai iniziato a scrivere?

In realtà ho sempre scritto, anche se in forme diverse e spesso senza rendermene conto. A volte per esprimere emozioni, altre per esigenze legate alla musica — piccoli testi, appunti sparsi, idee. Ma è solo da circa otto mesi, il tempo che mi è servito per completare il mio primo romanzo, che ho iniziato a scrivere con un intento più chiaro e deciso: quello di dare vita a una storia tutta mia e condividerla davvero con gli altri. Da quel momento, scrivere è diventato qualcosa di più profondo: una necessità, ma anche un atto di libertà e scoperta.

  1. Cosa ti ha fatto avvicinare al mondo della scrittura?

Credo sia stato un insieme di cose. La scrittura è sempre stata una forma spontanea con cui cercavo di dare forma ai pensieri, alle emozioni, alle intuizioni che non riuscivano a stare ferme nella mente. Ho sempre avuto bisogno di creare — musica, idee, immagini — e a un certo punto la scrittura si è imposta come il mezzo più completo per farlo. Il mondo del fantasy, che da lettore mi ha sempre affascinato, ha fatto il resto: mi ha nutrito di meraviglia e mi ha instillato il desiderio, prima o poi, di costruire un mondo tutto mio. Quando ho sentito che era arrivato il momento giusto, ho semplicemente iniziato.

  1. Quando sei diventato scrittore?

Diventare scrittore, secondo me, non è qualcosa che si può dichiarare da soli — è una definizione che appartiene ai lettori. Sono loro a decidere se le tue parole riescono davvero a lasciare un segno. Quindi… potrei dire di essere sempre stato uno scrittore, in potenza, ogni volta che immaginavo storie o scrivevo qualcosa di mio. Ma allo stesso tempo potrei anche dire che forse non lo diventerò mai davvero. Alla fine, scrivere è un atto continuo, non un traguardo. È un cammino fatto di parole che cercano casa, e finché ne avrò da offrire, mi sentirò esattamente dove devo essere.

 

  1. Vorresti essere pubblicato da una casa editrice, oppure preferiresti rimanere indipendente?

È una bella domanda, davvero. Credo che molto dipenderebbe da come si porrebbe una casa editrice: per me è fondamentale mantenere piena libertà, sia nei contenuti che nelle tempistiche. La scrittura è qualcosa che nasce da dentro, e ha bisogno dei suoi ritmi, non di scadenze forzate. Detto questo, è chiaro che vedere il proprio libro su uno scaffale in libreria fa un certo effetto… sarebbe una bella gratificazione, inutile negarlo.

Ma la verità è che, anche da indipendente, basta poco per sentire che tutto ha senso: una sola recensione sentita, un messaggio di ringraziamento, qualcuno che mi dica che la mia storia gli ha fatto compagnia o lo ha emozionato… e tanto basta a ripagare ogni fatica. Non ho grandi pretese, né sogni di carriera editoriale a tempo pieno. Scrivere è qualcosa che custodisco accanto al lavoro e alla mia famiglia, a cui cerco di dedicare più tempo possibile. È un equilibrio sottile, e per ora, mi va bene così.

  1. Qual è la tua esperienza con il blocco dello scrittore?

Capita, certo. E credo sia una reazione del tutto naturale della mente. Il blocco dello scrittore, per me, non è un nemico da combattere ma un segnale da ascoltare. In quei momenti, i pensieri non scorrono fluidi, la scrittura diventa forzata… e io lo percepisco quasi come una sorta di nausea creativa. È proprio allora che capisco che è tempo di fermarsi.

Una pausa, contrariamente a quanto si pensa, non è tempo perso — la fretta lo è. Bisogna sapersi ascoltare, accettare il silenzio, e permettere alla mente di rigenerarsi. La creatività non va spinta: va nutrita, anche nel vuoto. È lì, in quell’apparente immobilità, che spesso si prepara il passo successivo.

  1. Perché hai deciso di diventare scrittore?

Perché sentivo il bisogno di dare forma alla mia immaginazione, di creare qualcosa di mio. Scrivo da sempre, in modi diversi, ma solo di recente ho trovato il coraggio di farlo davvero, spinto dall’amore per le storie e dal desiderio di restituire, almeno in parte, ciò che la fantasia ha sempre dato a me.

  1. I social media svolgono un ruolo importante per te come autore?

Assolutamente sì. Oggi, per un autore indipendente, i social sono forse l’unico vero ponte per raggiungere i lettori. È difficile, a volte scoraggiante, riuscire a convincere qualcuno a dare fiducia a un nome sconosciuto, soprattutto in mezzo a tante proposte. Ci sto provando, anche se i risultati finora sono modesti.

Credo molto nelle collaborazioni, come questa, perché permettono un contatto più autentico con chi legge. Possono davvero fare la differenza — a patto, ovviamente, che il libro venga apprezzato: una recensione sentita ha un potere enorme, ma lo ha anche una critica, se giustificata. In fondo, tutto sta nel confronto sincero tra chi scrive e chi legge.

 

 8. Come costruisci i tuoi personaggi e la trama?

È una domanda complessa, e credo che ogni autore debba trovare il proprio metodo. Nel mio caso, tutto è iniziato con il worldbuilding: mentre costruivo l’universo narrativo, prendevano forma anche i personaggi principali — non solo i protagonisti, ma anche le figure di spicco che popolano il mondo. Per me è fondamentale che ci sia coerenza tra l’ambiente e chi lo abita.

Quando creo un personaggio, uso molto l’immedesimazione, quasi fosse un gioco di ruolo alla Dungeons & Dragons. Entro nei loro panni, provo a sentire come reagirebbero, come parlerebbero, cosa sceglierebbero in certe situazioni. È un processo molto vivo e istintivo, che rende i personaggi autentici. Ma è solo il mio modo — ognuno, come nella vita, deve trovare il proprio metodo. Il metodo è tutto. Anche la trama nasce in modo simile: ho tracciato una linea guida con i passaggi fondamentali, certo, ma preferisco lasciare che il resto emerga man mano che la scrittura fluisce. È un processo organico, che mi permette di sorprendere anche me stesso. Naturalmente, richiede attenzione: le contraddizioni sono sempre in agguato, e mantenere coerenza in una struttura che si evolve è una sfida costante — ma è anche ciò che rende tutto vivo.

  1. Tra la tua trama e i tuoi personaggi, cosa è essenziale per te? Perché?

Per me ciò che è davvero essenziale è il legame tra personaggio e mondo. Non riesco a considerare la trama come qualcosa di indipendente dai personaggi, né viceversa. Sono le loro scelte, i loro limiti, i loro desideri a far avanzare la storia, a darle forma e significato. Senza personaggi credibili, anche la trama più brillante perde forza. E senza una direzione narrativa, i personaggi rischiano di rimanere sospesi nel vuoto. Quello che cerco, quindi, è equilibrio: che ogni azione racconti qualcosa di vero su chi la compie, e che ogni svolta narrativa nasca da una motivazione autentica. È lì che, secondo me, la storia inizia a respirare davvero.

  1. Come gestisci le recensioni negative sul tuo libro?

A dire il vero, non ho ancora ricevuto vere e proprie recensioni, e devo ammettere che le aspetto con impazienza — nel bene e nel male. Che siano positive o negative, credo sia fondamentale accoglierle con spirito costruttivo. Non si può piacere a tutti, ed è giusto così: i gusti sono soggettivi, e la diversità di opinioni è parte integrante del valore di una storia. L’unica cosa che mi auguro è che chi critica sappia distinguere tra ciò che è oggettivamente discutibile e ciò che semplicemente non incontra il proprio gusto personale. C’è una sottile, ma importante differenza tra un’opinione e un giudizio. Una critica sincera, anche dura, è preziosa se nasce dal confronto e non dall’aspettativa di leggere "un’altra storia".

  1. Quale parte del tuo processo di scrittura è il più difficile?

La sfida più grande, per me, è cercare di non essere banale. Ogni pagina dovrebbe contenere qualcosa di autentico, di speciale — e questa esigenza, a volte, può diventare pesante, generare insicurezze. Ma forse la parte più difficile, e anche quella a cui tengo di più, è stata integrare la musica all’interno del romanzo. Nel fantasy, ho sempre amato quei momenti poetici in cui appaiono cantici, poemi, canzoni... e ogni volta mi chiedevo quale melodia l’autore avesse in mente. Ho voluto affrontare proprio questo, cercando di dare una voce concreta a quei passaggi, di renderli quasi cinematografici. È stato complicato, ma anche profondamente stimolante: volevo che quei momenti non fossero solo letti, ma anche “sentiti”, come piccole perle emotive capaci di arricchire davvero l’esperienza della storia.

  1. Che consiglio dai ai nuovi autori?

Non mi sento nella posizione di dare veri consigli, ma se proprio devo dire qualcosa, è questo: siate felici di scrivere. Non inseguite i risultati, le classifiche o il giudizio degli altri. Il solo fatto di aver creato una storia, che piaccia o meno, è già qualcosa di straordinario. È un atto di coraggio, di immaginazione, di bellezza — e dovrebbe bastare a riempirvi il cuore. Scrivere è un dono, prima di tutto per chi lo fa.

  1. Cosa diresti a uno scrittore che vuole pubblicare il suo primo libro?

Gli direi di seguire ciò in cui crede, senza inseguire le aspettative degli altri. Scrivere è un atto profondamente personale, e provare a modellarlo in base a ciò che si pensa vogliano leggere gli altri rischia solo di spegnere la voce interiore. Bisogna restare fedeli a sé stessi, sempre. Le critiche arriveranno, certo, ed è giusto ascoltarle — ma solo per evolversi, non per snaturarsi. La propria identità, nella scrittura come nella vita, è ciò che rende ogni storia unica.

 14. Quanti libri hai scritto finora?

Questo è il mio primo vero romanzo, ma spero sia solo l’inizio. L’idea è di farne una saga, perché il mondo che ho creato ha ancora molto da raccontare — e io non vedo l’ora di continuare a esplorarlo, pagina dopo pagina.

  1. Puoi raccontarci qualcosa del tuo prossimo libro?

Al momento ho molte idee in fermento. Sarà sicuramente in continuità con il primo romanzo, sia nello stile che nella componente musicale, che resterà una delle sue caratteristiche distintive. Sto raccogliendo spunti, riflessioni e suggestioni per capire come trasformarli in qualcosa di concreto, ma posso dire che sarà la naturale prosecuzione degli eventi già narrati. Sia i personaggi che il mondo andranno incontro a un’evoluzione: tutto si farà più ampio, più profondo, più complesso. E anche se la strada non è ancora del tutto tracciata, sento che il viaggio è appena cominciato.

  1. Cosa ti aiuta a concentrarti mentre scrivi?

Dipende molto dal momento. A volte ho bisogno del silenzio più assoluto, quasi sacrale, per ascoltare meglio i pensieri. Altre volte, invece, una musica in sottofondo — scelta in base al tono della scena che sto scrivendo — riesce a guidarmi, a immergermi ancora di più nel ritmo della narrazione. In entrambi i casi, cerco di creare uno spazio che mi permetta di “sentire” davvero la storia mentre prende forma.

  1. Quale autore famoso ritieni migliore?

Non credo di poter indicare un solo autore come “il migliore”, sarebbe un’ingiustizia. Ogni libro che ho letto, anche quelli che mi hanno lasciato poco, ha comunque contribuito a formarmi. Detto questo, è impossibile non citare Tolkien, che resta una pietra miliare per chiunque ami il fantasy. Robert Jordan ha avuto un ruolo importantissimo per me: mi ha tenuto compagnia con le sue storie come pochi altri sanno fare. Brandon Sanderson mi ha colpito per l’ingegno e l’originalità dei suoi mondi, mentre Robin Hobb mi ha insegnato quanto possa essere potente la caratterizzazione emotiva dei personaggi.

Mi scuso con tutti gli altri autori che non cito… ma l’elenco sarebbe davvero troppo lungo. Ognuno, a suo modo, mi ha lasciato qualcosa.

  1. Dove trovi le idee per i tuoi libri?

Le idee nascono nella mia testa, semplicemente immaginando le storie che mi piacerebbe leggere. Cerco di costruire mondi e avventure che mi diano gioia, quel tipo di entusiasmo che solo una vera avventura sa regalare. Ovviamente, leggendo fantasy da tutta la vita, qualche spunto viene quasi in automatico — è inevitabile. La vera sfida, però, è restare il più originale possibile, trovare una voce che sia davvero mia, pur muovendomi in un genere che amo e che mi ha nutrito per anni.

  1. Quali attori pensi che interpreterebbero i tuoi personaggi se il tuo libro diventasse un film?

CoraThomasin McKenzie, RuneAlexander Ludwig, KaelJacob Elordi, CorvinaEva Green

  1. La tua famiglia sostiene la tua scrittura? Cosa ne pensa?

Assolutamente sì. Mia moglie mi ha sempre sostenuto, e gliene sarò per sempre grato. Conosce bene la mia necessità di avere uno spazio creativo, di dare voce alla fantasia, e non ha mai cercato di ostacolarla — anzi, mi ha aiutato in ogni modo possibile. È la colonna portante della nostra famiglia, e senza il suo supporto, questo libro probabilmente non sarebbe mai nato.

  1. I tuoi lettori ti contattano? Cosa dicono?

Al momento non ho ancora avuto contatti diretti con i lettori, ma aspetto con entusiasmo il momento in cui accadrà. Ogni feedback, ogni domanda o semplice messaggio sarà per me un dono prezioso. Il confronto con chi legge è una delle parti più belle di questo percorso, e non vedo l’ora di viverla davvero.

 

 

Ringrazio di cuore per questa opportunità e per avermi accolto in questo spazio con tanta disponibilità. Collaborazioni come questa non sono solo importanti, sono meravigliose. Il lavoro che fate nel dare voce agli autori, soprattutto a quelli emergenti, ha un valore enorme — non solo per noi che scriviamo, ma per tutti coloro che amano vivere attraverso i libri e le storie. Continuate così, perché siete un ponte prezioso tra mondi immaginati e cuori pronti ad ascoltarli. 

Marco Matelich


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