Intervista a Claudio Bertolotti

Pubblicato il 6 novembre 2025 alle ore 10:00

Apriamo la mattinata con un nuova intervista allo scrittore Claudio Bertolotti.

Mi chiamo Claudio Bertolotti, sono nato a Erba nel 1983.

Dopo gli studi in Giurisprudenza ho intrapreso la carriera imprenditoriale, ma ho sempre coltivato in parallelo una profonda passione per la storia, l’occulto e la narrativa gotica.
Affascinato dal mistero, dall’epoca vittoriana e dal mondo di Sherlock Holmes, ho dato vita alla saga de L’Archivio Blackwood, ambientata in una Londra oscura e senza tempo. Tra le mie opere principali figurano Le Ombre di Whitechapel, Il Vangelo delle Ombre e Il Carnefice del Silenzio. Nel 2025 ho pubblicato anche il mio primo saggio basato su fatti reali: Il Culto della Madre – Ed Gein e l’orrore nella mente umana, frutto di dieci anni di ricerca tra cronaca nera, psicologia e simbolismo. Scrivo per chi ama camminare a lume di candela tra pagine intrise di sangue, segreti e redenzione.

1. Quando hai iniziato a scrivere?

Ho iniziato a scrivere intorno ai dodici, tredici anni. Ricordo che i miei primi racconti brevi furono pubblicati su uno dei primissimi siti italiani dedicati all’horror, quando Internet cominciava appena a ospitare le prime comunità di scrittori e lettori. Erano storie istintive, scritte più per passione che per tecnica, ma mi permisero di capire quanto fosse naturale per me raccontare il lato oscuro delle cose.

2. Cosa ti ha fatto avvicinare al mondo della scrittura?

Oltre alla passione per la scrittura, mi ha spinto la necessità di raccontare e di dare una forma concreta ai pensieri che non riuscivo a esprimere a voce. Scrivere è sempre stato un modo per sfogare lo stress, per mettere ordine nel caos quotidiano. Poi, come spesso accade nella vita, sono arrivati anche alcuni problemi di salute che mi hanno portato a riavvicinarmi ancora di più alla scrittura: un rifugio, ma anche una cura, un modo per non pensare e allo stesso tempo per restare me stesso.

3. Quando sei diventato scrittore?

Non credo di potermi definire davvero uno scrittore. Preferisco dire che provo ad esserlo, ogni giorno, cercando di migliorarmi e di dare sincerità a ciò che scrivo. Penso che diventare scrittore non significhi soltanto pubblicare un libro, ma riuscire a trasmettere qualcosa di autentico a chi legge. E questo è un traguardo che si rincorre sempre, senza mai sentirsi arrivati.

4. Vorresti essere pubblicato da una casa editrice, oppure preferiresti rimanere indipendente?

Attualmente ho un contratto con Bookabook per un libro e con Saga Edizioni per altri titoli, in un accordo della durata di cinque anni. È un passo importante, che mi ha permesso di crescere e confrontarmi con realtà editoriali diverse. Tuttavia, come credo accada a ogni autore che prova a migliorarsi, il mio obiettivo resta quello di essere un giorno rappresentato e pubblicato in modo ancora più ampio, continuando però a mantenere la libertà creativa che considero fondamentale.

5. Qual è la tua esperienza con il blocco dello scrittore?

Ho attraversato diversi periodi di blocco creativo, alcuni anche piuttosto lunghi. A volte la mente si ferma, altre semplicemente non si trova la forza o la motivazione per continuare. Oggi, però, posso dire di essere in una fase molto ispirata: ho ritrovato equilibrio, idee e soprattutto il piacere autentico di scrivere, che credo sia la vera chiave per superare qualsiasi blocco.

6. Perché hai deciso di diventare scrittore?

Ho deciso di dedicarmi alla scrittura perché è, da sempre, la mia più grande passione. Non è stata una scelta razionale, ma qualcosa di naturale, quasi inevitabile. Scrivere mi accompagna da sempre, è il modo in cui riesco a dare voce a ciò che penso, a ciò che temo e a ciò che amo. In fondo, non ho deciso di diventare “scrittore”: è la scrittura che, lentamente, ha deciso di restare con me.

7. I social media svolgono un ruolo importante per te come autore?

Sì, oggi i social media hanno un ruolo fondamentale per ogni autore. Viviamo in un mondo digitale e profondamente digitalizzato, dove la comunicazione passa inevitabilmente attraverso queste piattaforme. Per me rappresentano un vero e proprio “must”: non solo permettono di far conoscere il proprio lavoro, ma anche di creare un dialogo diretto con i lettori, di condividere riflessioni, progetti e, soprattutto, di costruire una comunità intorno alle proprie storie.

8. Come costruisci i tuoi personaggi e la trama?

Costruisco i miei personaggi a partire dalle loro fragilità. Mi interessa più ciò che nascondono che ciò che mostrano, perché è lì che nasce l’umanità. Spesso parto da un’emozione o da un conflitto interiore e lascio che siano loro, con i loro limiti e desideri, a guidare la trama. La storia, invece, prende forma poco alla volta: inizio da un’idea centrale, un simbolo o un mistero, e tutto il resto si costruisce attorno, come un mosaico che trova il suo disegno solo alla fine.

9. Tra la tua trama e i tuoi personaggi, cosa è essenziale per te? Perché?

Per me sono i personaggi a essere davvero essenziali. Posso cambiare una trama, modificarla o riscriverla da zero, ma senza personaggi vivi, credibili e coerenti non esiste storia che possa funzionare. Sono loro a dare senso a tutto, a rendere autentiche le emozioni e a guidare il lettore dentro l’anima del racconto. La trama è il percorso, ma i personaggi sono chi lo rende umano.

10. Come gestisci le recensioni negative sul tuo libro?

Le recensioni negative non mi creano alcun problema, perché so bene che non si può piacere a tutti. Fanno parte del percorso di ogni autore e, se sincere, possono anche essere costruttive. L’unica cosa che ritengo inaccettabile sono le recensioni false o diffamatorie: purtroppo me ne è capitata una, palesemente inventata, e per questo sto prendendo provvedimenti legali. La critica va sempre rispettata, ma deve nascere dalla verità e non dalla malafede.

11. Quale parte del tuo processo di scrittura è il più difficile?

 La parte più difficile, per me, è trovare e mantenere un filo logico nella narrazione. Quando scrivo, le idee tendono a moltiplicarsi e a intrecciarsi, e spesso devo fermarmi per rimettere ordine, capire cosa serve davvero alla storia e cosa invece appesantisce. È una sfida continua tra istinto e struttura, ma anche la parte che, una volta risolta, dà più soddisfazione.

12. Che consiglio dai ai nuovi autori?

Il consiglio che darei ai nuovi autori è di scrivere senza cercare subito il consenso. All’inizio bisogna trovare la propria voce, e questo richiede tempo, errori e coraggio. Leggere molto, osservare il mondo con curiosità e non aver paura delle critiche: ogni parola scritta è un passo avanti. E soprattutto, non smettere mai di scrivere, nemmeno nei momenti in cui sembra inutile, perché è proprio lì che nasce la costanza di un vero autore.

13. Cosa diresti a uno scrittore che vuole pubblicare il suo primo libro?

Gli direi di non avere fretta. La pubblicazione è un traguardo importante, ma arriva solo dopo un percorso di crescita e revisione. Prima di mandare un testo a una casa editrice, è fondamentale rileggerlo con occhi critici, farlo valutare da qualcuno di esterno e capire se è davvero pronto. Pubblicare per il gusto di farlo subito rischia di rovinare un buon lavoro. La pazienza, in questo mestiere, è una delle virtù più grandi.

14. Quanti libri hai scritto finora?

Finora ho scritto diversi lavori, tra narrativa e saggistica. La mia saga gotica, ambientata nella Londra vittoriana, comprende Le Ombre di Whitechapel – Il segreto del sangue immortale (racconto breve che sarà pubblicato con Saga Edizioni), Il Vangelo delle Ombre, in uscita con Bookabook, e Il Carnefice del Silenzio, che molto probabilmente verrà pubblicato anch’esso con Saga Edizioni.
A questi si aggiunge L’Archivio Blackwood – Volume II: I Racconti, una raccolta di episodi legati all’universo di Blackwood, e il mio saggio Il Culto della Madre – Ed Gein e l’orrore nella mente umana, frutto di dieci anni di studio e ricerca.

15. Quale dei tuoi libri ti è piaciuto di più scrivere?

Il libro che mi è piaciuto di più scrivere è Il Vangelo delle Ombre, perché attraverso quella storia ho potuto esorcizzare una mia personale paura e trasformarla in qualcosa di narrativo, quasi terapeutico. Subito dopo metterei Il Culto della Madre, il mio saggio su Ed Gein, perché mi ha permesso di approfondire davvero ogni dettaglio: ho studiato rapporti ufficiali, documenti d’archivio e perizie originali, immergendomi completamente nella mente e nel contesto storico del personaggio.

16. Puoi raccontarci qualcosa del tuo prossimo libro?

Sto lavorando a una nuova saga gotico-fantasy per ragazzi, senza però abbandonare l’universo dell’Archivio Blackwood. Sarà una storia in cui si mescolano magia, azione e mistero investigativo, ma con un tono più accessibile e avventuroso. L’ambientazione rimane una Londra gotica e viva, dove le ombre si fondono con la luce dei lampioni e ogni vicolo può nascondere un segreto. È un progetto che mi sta dando nuova energia creativa e che rappresenta un’evoluzione naturale del mio percorso.

17. Cosa ti aiuta a concentrarti mentre scrivi?

Dipende molto dal momento e dal tipo di scena che sto scrivendo. A volte ho bisogno del silenzio assoluto, di isolarmi completamente per poter visualizzare ogni dettaglio nella mia mente. Altre volte, invece, la musica mi aiuta a entrare nell’atmosfera giusta: colonne sonore, brani lenti o malinconici che accompagnano le parole e danno ritmo alla scrittura. Ogni libro ha la sua “colonna sonora invisibile”.

18. Quale autore famoso ritieni migliore?

Tra gli autori contemporanei, credo che Stephen King resti uno dei più grandi. Mi affascina la sua capacità di costruire mondi complessi, popolati da personaggi imperfetti e umanissimi, e di lasciare talvolta finali aperti o inspiegabili, proprio come accade in alcuni dei miei libri. Guardando al passato, invece, i miei riferimenti principali sono Arthur Conan Doyle e Edgar Allan Poe: due autori molto diversi, ma entrambi capaci di unire logica e inquietudine, razionalità e follia, in un equilibrio che considero perfetto.

19. Dove trovi le idee per i tuoi libri?

 Le idee nascono nei modi più diversi: spesso da pensieri o sogni che mi restano impressi e che, con il tempo, prendono forma in una trama. Altre volte arrivano semplicemente osservando la vita di tutti i giorni, le persone, i luoghi, i silenzi. Mi piace anche studiare ciò che offre il mercato editoriale, capire cosa manca e provare a colmare quel “vuoto” narrativo con qualcosa di mio, che unisca mistero, emozione e originalità.

20. Quali attori pensi che interpreterebbero i tuoi personaggi se il tuo libro diventasse un film?

È una domanda difficile, perché immaginare volti reali per personaggi nati sulla carta non è mai semplice. Tuttavia, se penso a un adattamento cinematografico dei miei romanzi gotici, sceglierei sicuramente attori inglesi in grado di restituire la profondità e l’oscurità dei protagonisti. Per l’ispettore Edgar Blackwood, vedrei bene Tom Hardy, che con la sua presenza intensa e il suo modo di recitare introspettivo riesce a trasmettere perfettamente il carattere burbero, silenzioso e tormentato del personaggio. Per Padre Marcus Quinn, mi piacerebbe Colin Firth, nella sua versione più drammatica e malinconica. Il sergente Elias Monroe potrebbe essere interpretato da Aaron Taylor-Johnson, mentre per un antagonista come Aldous Whitmore vedrei perfetto Ralph Fiennes. Tutti attori capaci di muoversi con naturalezza in una Londra gotica, sospesa tra luce e oscurità.

21. La tua famiglia sostiene la tua scrittura? Cosa ne pensa?

La mia famiglia considera la scrittura principalmente come un hobby, qualcosa che faccio per passione nel tempo libero. Non sempre è facile far capire quanto impegno e dedizione richieda questo percorso, ma alla fine credo che vedano quanto per me sia importante. Anche se non la vivono con la stessa intensità, apprezzano il fatto che mi renda felice e che riesca a trasformare le mie idee in libri concreti.

22. I tuoi lettori ti contattano? Cosa dicono?

Sì, mi contattano spesso, praticamente ogni giorno. Intrattengo con loro messaggi, scambi di opinioni e tante interazioni sui social. La maggior parte condivide apprezzamenti, riflessioni o curiosità sui libri, e questo per me è motivo di grande soddisfazione. Mi rende davvero felice e orgoglioso sapere di avere un seguito così eterogeneo di lettori, persone diverse tra loro ma unite dall’amore per le atmosfere gotiche e per le storie che racconto.

 

 

 

Vorrei semplicemente ringraziare chi mi legge e chi continua a credere nel valore delle storie.

Scrivere, per me, significa condividere emozioni, paure e speranze, ma soprattutto costruire ponti tra anime che forse non si incontreranno mai.

Ogni messaggio, recensione o parola di sostegno mi ricorda perché ho iniziato: per raccontare ciò che spesso resta nell’ombra.

E se anche una sola persona, leggendo, riesce a sentire qualcosa di vero, allora tutto questo ha già avuto senso.

Claudio Bertolotti 

 

 


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